ROTTURE DI COGLIONI di Alberto Bagnai - Vogue ora
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ROTTURE DI COGLIONI di Alberto Bagnai

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[ 2 luglio 2018 ]

Scriveva ieri Bagnai tornando da quel di Pontida:
«La sinistra, così come sta emergendo nel dibattito mediatico, è il regno dello gnè gnè gnè, del rancore meschino, o della demagogica, deamicisiana mozione degli affetti (da "Franti, tu uccidi tua madre!" a "Salvini, vuoi morti i bambini!" il passo è breve, anzi: nullo. La stessa moralità scipita, un tanto al mazzo, in funzione di strumento di controllo sociale, cui da sempre ci hanno abituato gli utili idioti della finanza)».
Ha ragione, considerata la specificazione: «La sinistra, così come sta emergendo nel dibattito mediatico». C'è infatti un'altra sinistra, pur silenziata e condannata all'ostracismo, è la sinistra popolare e patriottica, che non ha dichiarato guerra al nuovo governo e anzi gli promette sostegno SE non si piegherà ai diktat dei poteri eurocratici. Quel momento, che certamente verrà, sarà il banco di prova. 
Per questo è importante leggere con estrema attenzione quel che scrive ieri Bagnai [vedi sotto]. Egli confessa che (oltre a subire le velenose contumelie di chi lo considera un poltronaro e un venduto — di norma si tratta di diversamente sinistrati), ci sono i "sovranisti senza se e senza ma" che lo pressano "a fare presto!", affinché... si esca subito dall'euro. 
Bagnai risponde che ci sono le battaglie e la guerra, le tattiche e la strategia, che occorre dare tempo al tempo. E giusto è.
Quindi Bagnai esorta: «Calma! Non urge. Credetemi. Non possiamo perdere».
Il punto è che in guerra non è l'esercito più debole che può dettare regole e tempi del gioco. Darà il nemico (il blocco eurista) il tempo necessario a questo governo di consolidarsi e di strappare progressivamente terreno? Noi pensiamo di no. Pensiamo che ove questo governo "populista" sia deciso a proseguire sulla direzione sancita dal "contratto", ovvero a ubbidire alla massima "prima gli italiani, non lo spread e le regole di Bruxelles", deve aspettarsi, prima di quanto si pensi, un attacco in grande stile. 
Un classico errore del politico è quello di confondere i propri desideri con la realtà, di dare per certe le proprie aspettative. Il grande politico si attrezza invece a fare fronte allo scenario peggiore: quello per cui il nemico non gli darà il tempo di cui ha bisogno per trasformare una armata sgangherata in un esercito possente e vincente.
Derubricate le batracomiomachie sull'immigrazione, DEF e prossima Legge di Bilancio saranno la prima vera e grande battaglia. Bagnai sembra credere che l'euro-germania concederà al governo margini di flessibilità abbastanza ampi per, come dire, portare a casa un buon risultato —ergo: si chiude con le politiche austeritarie  e antipopolari.
Vedremo presto se Bagnai ha ragione....



*  *  *


LE INFINITE...


... email, con il corredo di infinite rotture di coglioni... Urge, urge, urge! Qualche giorno fa parlavo con Giorgetti: "Non voglio nemmeno immaginare cosa possa essere il tuo telefonino...". 
Il mio, quando i gazzettieri presunsero che io volessi diventare sottosegretario, rischiò di fondersi — apprezzate il genio: se volessi qualcosa, per prima cosa lo farei sapere a loro, no? 

Ragazzi, non so come dirvelo: ci avete votato, giusto? E avete fatto bene, ma era scontato: peggio del PD non potremmo fare nemmeno volendolo, anche perché ne mancano i presupposti: tutto quello che poteva essere distrutto da comportamenti incauti o rapaci è già stato distrutto, con pochissime eccezioni sulle quali stiamo già lavorando. 

Quindi fidatevi, e lasciate che alle priorità ci pensiamo noi. Sono nel dibattito da sette anni, e sono sette anni che ogni sette giorni qualcuno arriva e mi parla di qualcosa che secondo lui è un punto di non ritorno, anzi: IL PUNTO DI NON RITORNO, le colonne d'Ercole della politica, oltre le quali - urge! urge! urge! — qualsiasi spazio di ragionevole azione politica sarebbe irrimediabilmente precluso, e si aprirebbero scenari distopici, orwelliani, dai quale urge (urge! urge! urge! urge!) preservarsi, facendo esattamente la cosa tale o tal'altra, la cui urgenza urge capire: è questione di vita o di morte. 

I volenterosi carnefici dell'urge (carnefici delle mie gonadi, si intende) non sono minimamente sfiorati dalla constatazione di un singolare isomorfismo: quello fra il loro "urge" antisistema e il simmetrico "fate presto" di sistema. Uno si sfianca a far capire che forse per combattere efficacemente l'avversario bisogna sovvertirne le categorie, e quindi il lessico ed il metodo, e gnente: intorno è tutto un "urge stampare moneta", o qualsiasi altra urgenza urga all'urgitore di torno. Poi dice che uno non ce la fa più! Ma io ce la faccio ancora, perché dentro di me, oltre alla parodia, porto l'originale. 

Noi vinceremo, perché Deus vult, perché siamo qui, perché la globalizzazione e, soprattutto, i suoi utili idioti di sinistra, hanno tirato troppo la corda, perché viviamo ora una reazione che è comparabile per intensità, e sarà comparabile per durata, a quella che due secoli fa fu provocata dal cosmopolitismo borghese dei philosophes. 

Quindi: calma! Non urge. Credetemi. Niente trionfalismi — non abbiamo ancora vinto — ma anche niente ansie: non possiamo perdere. Sarebbe utile distinguere fra battaglia e guerra, fra tattica e strategia. Ma fra le tante cose che non urgono, non urge nemmeno questo. Chi è qui e mi ha conosciuto sa cosa pensare. A chi arriva ora non ho molto da dire: ogni percorso inizia dal primo passo, non dall'ultimo, e capisco che sia complesso a chi arrivi da fuori capire cosa succede qui. Ma, appunto, nell'immensa vastità del non urge, non urge nemmeno capire questo. Semplicemente, succede, e continuerà a succedere...)

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