Tutto cambia, tutto si trasforma. Anche internet (ma in peggio) - Vogue ora
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Tutto cambia, tutto si trasforma. Anche internet (ma in peggio)

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Il web, negli ultimi 30 anni è cambiato. E parecchio. Il problema è che è cambiato in peggio: colpa dei social, delle persone, o di qualcun/qualcos' altro?


Non so quanti anni abbiate e da quanto tempo usiate internet ma, se bazzicate nel web da almeno gli anni '90 o dai primi anni 2000, allora potrete comprendere il mio post e anche, forse, provare un po' di nostalgia del passato. Già,... perché nostalgia?


LA NETIQUETTE
La netiquette Ã¨ una parola composta dall' inglese network (rete) e dal francese Ã©tiquette (buona educazione) ed è un insieme di regole e comportamenti di buon educazione da utilizzare su internet. Vi sembra qualcosa fuori dal mondo? Se pensate che queste regole venivano scritte nei regolamenti dei forum ma che gli utenti le conoscevano e la maggior parte le rispettava conoscendole in anticipo, vi sembrerà di leggere un racconto preso dalla fantasia di qualche scrittore.
Eppure, trent' anni fa era una cosa normalissima portare rispetto ad un utente su internet, proprio come se ci si trovasse in un luogo aperto al pubblico, in casa di altri o in luoghi dove fosse necessario tenere un buon comportamento.

« In quegli anni sul web c'era entusiasmo partecipazione vera » scrive Altrestorie sul suo sito web  « Si leggevano le cose, si approfondiva, si facevano commenti argomentati ed articolati. Poter accedere ad informazioni in tempo reale facendo ricerche sul web era una cosa straordinaria. Leggevi un articolo, una notizia, un fatto, una storia che ti interessava, li potevi approfondire nell'immediato ».
I luoghi dove si discuteva sugli argomenti erano i forum (caduti in disuso nell' ultimo decennio), aperti in base alla tematica (computer e internet, serie Tv, politica, etc..).
« Sui forum nei commenti leggevi idee e proposte, anche quelle potevi approfondirle facilmente. Si produceva cultura dal basso, perchè spesso qualcuno dei partecipanti era più preparato del giornalista. O era uno specialista in qualche settore che ti illuminava su cose di cui eri all'oscuro ».
I più preparati spiegavano le nozioni ai "neofiti" (i neo iscritti con poche conoscenze) che, anche con informazioni ricavate in web, diventavano loro stessi degli esperti che indirizzavano o trasmettevano le conoscenze ai nuovi neofiti, ripagando l' aiuto ricevuto aiutando i nuovi utenti.
La necessità di richiedere aiuto ad altri per potersi districare in quello strano mondo (internet), aveva un profondo significato educativo in quanto i nuovi utenti, per ottenere le informazioni di cui avevano bisogno, dovevano comportarsi in modo gentile e corretto.


« Chi insultava, minacciava scriveva cazzate veniva prima isolato dai partecipanti e poi magari pure bannato dal moderatore » prosegue il blogger « Cosi come si caccia di casa l'ospite scostumato o molesto. Esisteva un 'etica della rete, o quella che veniva chiamata netiquette ». 

I SOCIAL E "GLI UTENTI MENO PENSANTI"

Nel 2005, Mark Zuckenberg e il suo team registrarono, per 200mila dollari, il dominio facebook.com. In Italia divenne di largo uso nel 2008, quando si registrarono 1 milione e 300mila iscrizioni al social che oggi è il più utilizzato al mondo.

Da quel momento, il baratro: le discussioni lunghe e articolate lasciarono spazio a immagini e piccole frasi, o a parole - spesso senza senso - che diventavano tormentoni. Spezzoni di video brevi, ma soprattutto sempre e solo piccole frasi, molto spesso prive di significato o di importanza relativa («Oggi sono andato dal meccanico per sistemare la mia auto. Tutto ok!»).
Si passò agli hashtag - dei quali, ancora oggi, pochi ne hanno compreso il significato -, per finire ad un web pieno di "utenti non pensanti".

« Ãˆ stata la naturale evoluzione della rete o si è pilotato il web perchè privilegiasse gli utenti meno pensanti, che fanno massa ma sono manipolabili ? » è la domanda che si pone Altrestorie.
« Non ho la risposta » prosegue « ma di sicuro questa rete non mi piace. Anzi la trovo dannosapericolosa e la ritengo responsabile in buona parte della decadenza morale e politica del paese » conclude.

ALLA FINE, SIAMO SEMPRE NOI
A DECIDERE COME ANDRANNO LE COSE

Anche se non accettiamo questa realtà, siamo noi che modifichiamo una parte di mondo, almeno quello delle società che abbiamo ideato da qualche migliaio di anni. Siamo noi, con le nostre scelte, a cambiare le carte in tavola. C'è chi afferma che non decidiamo nulla: in realtà non è proprio la verità.
È vero: i prodotti al supermercato, i servizi di cui usufruiamo, le nozioni che ci servono nel piatto, le leggi che ci impongono, sono scelti da altri e noi possiamo solo scegliere dalla scelta di altri ma... se non volessimo scegliere? Se volessimo dirottare le scelte che loro si aspettano? Se volessimo sovvertire l' equilibrio con una disobbedienza sociale? Se volessimo iniziare (o ricominciare) a pensare con la nostra testa?

Sean Parker, il co-fondatore di Facebook, in un' intervista di qualche anno fa disse «Facebook fu ideato per creare dipendenza e tenere gli utenti il più possibile collegati al sito internet » (qui l'articolo). E ci sono riusciti.
Siamo stati spinti a pensare meno e accettare di più. Siamo divenuti più ubbidienti nei confronti di un politico, di un' idea, di un sentimento, molto spesso di puro odio.

Condivido il pensiero e la conclusione di Altrestorie perché io stesso ho messo in pausa il mio blog Il Ventunesimo Secolo sul quale scrivo da 11 anni (senza considerare gli anni precedenti dove scrivevo su altri blog) pensando più volte di chiuderlo definitivamente. Gli articoli lunghi e dettagliati che ho da sempre scritto, trattando ogni argomento, hanno iniziato ad esser condivisi da centinaia di utenti ma letti da poche decine. Ãˆ possibile pubblicare un articolo su Facebook e ricevere 200 condivisioni e solo 20 click all' articolo dei quali, solo 2 risultano esserci rimasti per più di 10 secondi?
La domanda che negli ultimi anni mi sono sempre posto è: per chi sto scrivendo?

Dalle statistiche di Google Analytics alle quali posso accedere per il mio blog ho vissuto un cambiamento incredibile avvenuto soprattutto negli ultimi 4-5 anni: se nel 2010 il dispositivo più utilizzato era ancora il computer - il 92% degli accessi al mio blog erano da computer -, oggi, la maggior parte si collega dallo smartphone (dati che visualizzo in questo momento in merito al dispositivo utilizzato sono, sul 100% degli accessi: 83% da smartphone, 3% da tablet e 14% da computer).
Perché è un danno questo aumento di collegamenti da smartphone? Perché il 90% di questi si collegano quando guidano (auto o moto), quando sono dal dottore, quando sono in fila alla posta o persino quando sono alla cassa del supermercato e, in quei momenti, non puoi leggere un articolo in pochi secondi. Leggere un articolo richiede tempo e pazienza: va compreso, va approfondito, va discusso con chi ne sa di più o va spiegato a chi ne sa di meno.

Un giorno ero in fila alla cassa del supermercato. Davanti a me un uomo con una bambina: passa avanti la figlia e la cassiera inizia a passare i prodotti sul lettore. Lui è su Facebook e scorre i post come un ossesso, come fosse un robot, dedicando, ad ogni post, non più di 2 secondi. Facciamo 1,5, perché 2 secondi mi sembrano troppi. La cassiera passa l' ultimo pezzo e dà il conto totale: lui ci mette qualche secondo, distratto, quasi disturbato di dover interrompere quello scorrere ossessivo di post. Rinfila lo smartphone in tasca, tirando fuori il portafogli.
Quell' uomo ha gettato nel cesso diversi minuti della sua vita, e diversi utenti che hanno pubblicato post dove hanno scritto qualcosa hanno gettato nel cesso le loro parole.

No, non è questo il web. Non è questa la società che può creare qualcosa di buono. Non è la società che a me piace vedere. Ognuno è nel suo mondo, ognuno si isola non per meditare sulla sua vita o sul mondo, ma per non esser rotto le scatole mentre fa cose di importanza relativa per la propria vita.
Ci sono tante persone che pensano sia necessario informarsi, tante altre che leggono, sino alla fine, l'articolo che si trovano davanti anziché fermarsi al titolo, tante altre che informano scrivendo e spiegando le cose ad altri, senza offendere, senza sparare frasi senza senso, senza pubblicare una carrellata di immagini stupide o create sulla base di notizie false.
Io voglio ripartire da qui ma, per quanto riguarda questo "nuovo mondo", permettete che anche io, come Altrestorie, scriva

Io non ci sto



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