Il rialzo medio dell’inflazione pari al 3,4%, registrato a settembre nell’area euro, potrebbe innescare un rialzo incontrollato dei prezzi, specie nel nostro Paese, in grado di ridurre drasticamente i consumi e, quindi, le prospettive di ripresa per l’economia italiana. L’aumento dell’inflazione innescherá inevitabilmente una rilevante crescita dei costi per l’acquisto delle materie prime che si rifletterà sui listini per i consumatori finali, con incrementi che potrebbero sfiorare il 50%, in particolare su alcuni beni di prima necessitá, su prodotti alimentari e su quelli energetici, caratterizzati da maggiore volatilità .
È quanto emerge da un'analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale tale situazione, oltre che legata alla carenza di talune materie prime, è cagionata anche da una discrasia tra l’improvvisa, robusta domanda e una non adeguata capacità di produzione o di offerta di servizi. «Le scelte di imprese e famiglie non saranno indifferenti rispetto a una variazione in aumento sia dei prezzi delle materie prime sia, consequenzialmente, di quelli dei prodotti di consumo. L’incremento dei costi di produzione già si sta riflettendo drammaticamente sulla spesa quotidiana dei cittadini e non è necessario analizzare chissà quanti dati né approfondite statistiche, ma è più che sufficiente una passeggiata nei mercati rionali e nei supermercati nel giorno di sconto settimanale per gli over 65: i cittadini a reddito fisso, i pensionati e le famiglie numerose, mettendo mano al portafoglio, stanno già pesantemente accusando il colpo su beni essenziali, come latte, pane e pasta. Una tragedia sociale che evoca storici eventi pre-rivoluzionari. Prima ancora, però, il danno è stato registrato dagli imprenditori, i cui costi per l’acquisto di materie prime così come quelli di taluni prodotti o servizi, sono sensibilmente cresciuti progressivamente con la ripartenza post-Covid e con la ripresa delle attività economiche» commenta il segretario generale di Unimpresa, Raffaele Lauro. «Ãˆ un argomento preoccupante, delicato e allarmante del quale il governo Draghi dovrà scrupolosamente tener conto in queste ore, mentre viene predisposta, dai tecnici, la bozza della prossima legge di bilancio: la manovra, che senza dubbio sarà ancora espansiva, impostata a favorire la ripresa, dovrà anche contenere misure capaci di sostenere le famiglie e le imprese, in particolare quelle più piccole, di fronte a poderosi ampliamenti dei costi» aggiunge Lauro. Secondo l’analisi del Centro studi di Unimpresa, a settembre, nella zona euro, è stata registrata una inflazione media pari al 3,4%: si tratta di un valore pari a quasi al doppio del cosiddetto target fissato nello statuto della Banca centrale europea (2%). L’imprevisto aumento, rispetto agli scorsi 12 mesi, significativamente segnati dalla pandemia, che ha congelato le attività economiche per un periodo assai lungo, è capace di innescare una spirale negativa sul versante dei prezzi al consumatore finale, provocata principalmente dall’aumento dei costi, per le imprese, di approvvigionamento, di produzione e di trasporto. Un mix imprevedibile, quanto esplosivo e non controllabile, che si rifletterà su tutta la catena economica, generando, in assenza di adeguate contromisure di politica economica, un contraccolpo negativo sul percorso di ripresa del Paese. L’aumento dei costi di produzione e dei prezzi finali spingerà una flessione dei consumi che, a loro volta, avrá effetti negativi sulle prospettive di crescita delle imprese e dell’occupazione. L’aumento dei prezzi potrebbe riguardare, più nel dettaglio, i prodotti alimentari e i prodotti energetici (dall’energia elettrica ai carburanti), cioè quelli caratterizzati da una maggiore volatilità . In particolare, per l’incremento di energia e derivati del petrolio potrebbe favorire – basti pensare ai trasporti – un'immediata, inevitabile ricaduta su altri comparti che farebbero lievitare i prezzi finali.
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